La sfida Americana per la Casa Bianca tra Donald Trump e Joe Biden passerà alla storia come lo scontro più costoso di sempre. Complessivamente si è arrivati alla fine con una spesa vicina agli 11 miliardi di dollari, il 50% in più di quanto registrato l’ultima volta con lo scontro fra lo stesso Trump e Hillary Clinton.
In questo totale ci sono tutti i soldi delle varie candidature che man mano si sono perse sulla strada delle primarie, quelli dei vari comitati repubblicani e democratici e i costi delle campagne elettorale per la corsa parlamentare. Ma nemmeno i due principali protagonisti hanno badato a spese.
SORPRESA: proprio nel rush finale ad avere avuto più problemi di fondi è stato proprio il milionario Trump, surclassato dal rivale. Biden infatti ha messo in campo con il suo comitato elettorale 531 milioni di dollari, e da fuori sono arrivati altri 253 milioni di dollari di finanziamenti per un totale di 784,3 milioni di dollari. Il comitato per la rielezione di Trump ha buttato nella competizione invece 476,3 milioni di dollari e dall’esterno sono arrivati altri 208,4 milioni di dollari con un totale di 684,9 milioni. Cifre colossali, ma entrambi i salvadanai sono inferiori a quelli del concorrente (che ha raccolto esattamente 100 milioni di euro in più). All’ultima conta Trump risultava avere già speso 538, 5 milioni e in mano gliene restano per il rush finale altri 163,8 milioni. Biden ne ha spesi circa 549 (una decina di più) ma in mano gliene sono restati ancora 235,3 che possono fare davvero la differenza. Il solo terreno finanziario su cui Trump è riuscito a battere Biden è stato quello dell’investimento sui social. Su Facebook e Google il presidente uscente ha investito 214,3 milioni di dollari che si accompagnano a 25 milioni di dollari utilizzati dai supporters, per un totale di quasi 240 milioni dove è il social di Mark Zuckerberg quello ad avere incassato di più (137 milioni). Biden invece ha speso direttamente 136,8 milioni sui social (81 su Facebook) e i suoi supporter hanno aggiunto altri 44,4 milioni (di cui 31,5 su Facebook) per un totale di 181,2 milioni di dollari. Cifre enormi, che fanno impallidire quelle dei nostri politici più social. Ma i due candidati non sono stati ripagati nello stesso modo, anzi. Perché a guardare invece i finanziamenti in entrata, è proprio Biden il paladino delle aziende che controllano i social network e in genere dei protagonisti della Silicon Valley. Hanno investito su di lui Alphabet, la holding che controlla Google (3,7 milioni), Bill Gates con la sua Microsoft (2,6 milioni) e molte altre imprese. Ma il suo maggiore finanziatore è un gruppo re del lobbing fondato una quindicina di anni fa da uno dei cervelli della amministrazione di Bill Clinton, Eric Kessler: l’ Arabella Advisors, che attraverso la controllata Sixteen Thirty Fund ha supportato Biden con 18,9 milioni di dollari. Fra i grandi finanziatori anche hedge fund come Paloma Partners ( 9 milioni di dollari) e l’Euclidean capital di James Simons con altri 7 milioni di dollari.
Su Trump hanno invece fortemente puntato Sheldon Adelson, che è uno degli uomini più ricchi del mondo che ha finanziato la campagna del presidente uscente con 37,5 milioni di dollari attraverso la sua società che controlla gran parte dei casinò americani: la Las Vegas Sands. Altri 37,5 milioni di dollari sono stati versati dalla consorte dello stesso Sheldon, Miriam Adelson attraverso la loro “Adelson Clinic for Drug Abuse Treatment & Research”. Nel mondo finanziario nella classifica dei “top contributors” figura il Blackstone Group con 3 milioni.
Per la legge americana, in realtà, nessuno di questi gruppi o società può finanziare la corsa dei candidati presidenti con questa cifra, perché ogni singolo soggetto può dare al massimo 250 mila dollari (in Italia il tetto massimo di finanziamento alla politica è inferiore: 100 mila euro). Ma un po’ come ha fatto, dopo questi limiti, Silvio Berlusconi con Forza Italia, il tetto viene aggirato grazie a singoli versamenti di quella cifra massima effettuati da proprietari, loro parenti, manager della società e negli Stati Uniti anche i vari dipendenti del gruppo. Vengono poi messi tutti insieme perché le persone fisiche devono dichiarare anche dove lavorano in caso di versamento di piccoli e grandi contributi.