“Convertendo il mio ristorante in delivery-friendly, con il lockdown ho incassato tra il 40 e il 50 per cento in più. Ho tre ristoranti, due sono chiusi e in questo modo provo a non fallire”. Nell’atmosfera plumbea generata dai nefasti effetti economici del Covid sul settore della ristorazione, qualche coraggioso sta riuscendo a fronteggiare la crisi, trasformandola in opportunità. Uno di questi è lo chef e imprenditore Gianni Catani, socio di maggioranza del ristorante Dumpling bar di Roma, specializzato in cucina cinese con un focus sui ravioli, che di fronte al blocco totale della fase-uno non si è perso d’animo, ma anzi, si è addirittura inventato un nuovo modo di proporre i suoi manicaretti al pubblico. “Durante il confinamento ho deciso di mettere in atto una strategia a cui lavoravo da tempo: consegnare a casa le pietanze cotte per il 95 per cento, per poi dare la possibilità ai nostri clienti di ultimare la cottura nelle loro cucine in poche semplici mosse”, spiega Catani ad HuffPost. “Una volta arrivata la consegna, bastano 30 secondi in acqua bollente o trenta secondi al vapore per rimettere in piedi un pasto da ristorante, con la possibilità di acquistare anche il cestino di cottura”. I piatti sono consegnati con tre salse diverse, fornite gratuitamente con ogni ordine. “E attraverso un codice QR si possono ricevere le istruzioni per la preparazione”.
La scelta ha premiato il suo ristorante: oggi il Dumpling bar consegna 3.000 ravioli al giorno in tutta Roma, e lo fa attraverso una squadra interna di runner, senza appoggiarsi a nessuno spedizioniere esterno. L’attività di ristorazione di Catani, nata nella Capitale quattro anni fa, ora potrebbe fare scuola e ispirare altri locali fiaccati dall’ultimo Dpcm, che ha di fatto tagliato le gambe a quanti facevano business soprattutto con le cene. “Credo che questo sia il futuro, anche perché permette un taglio significativo delle spese classiche di un ristorante”, aggiunge, ammettendo però che forse è difficile immaginare una soluzione del genere per le trattorie romane: “Ho il dubbio che non vada bene per la pasta alla carbonara”. Lo chef-imprenditore, conscio che in Italia il suo settore stia subendo un tracollo pesantissimo, cerca di tenere l’umore alto per dare a tutti i suoi colleghi un’iniezione di ottimismo e di voglia di ripensarsi: “Le persone stanno apprezzando i pasti a casa nella misura in cui assomigliano in qualche modo all’esperienza del ristorante… e poi questo esperimento ricorda la tanto amata teglia di pasta fatta in casa che le nostre nonne ci mandavano quando eravamo ormai abbastanza grandi da vivere da soli”. Si infilava in forno e il pranzo era pronto in pochi minuti.
Sempre a Roma, il ristorante status symbol della movida di Ponte Milvio ‘Da Brando’, dopo l’ultimo Dpcm si è riorganizzato usando orsi giganti di peluche per mantenere il distanziamento di sicurezza. Sono loro che siedono ai posti di troppo, come accadeva in alcuni locali di Parigi durante la fase-uno, e che adesso impongono, con un pizzico di giocosità, le antipatiche ma necessarie norme anti-contagio. Ma non è il solo guizzo di creatività, perché Brando Serra, il titolare, fa un delivery molto particolare: “La cena la porto io in persona ai miei clienti, ora che di sera non possono più venire da me”, racconta ad HuffPost. “Non si molla mai”, è il suo mantra, e sembra che il suo pubblico stia apprezzando questo stile.
“I conti non tornano, ma il mio cuore mi dice di andare avanti” è, invece, il grido di riscossa di Severine Isabey, titolare con il fratello e il marito di uno storico ristorante di Rimini. Lei, imprenditrice di origini francesi, durante lo scorso lockdown ha lanciato una start-up gastronomica, che ora non intende mollare. “Il Covid non spegnerà i nostri sogni”, sostiene con forza, e nonostante i dettami dell’ultimo dpcm, è convinta che “spegnere un’insegna” voglia dire anche “far morire un pezzo di città”. Per questo, “abbiamo deciso di lanciare un messaggio di ottimismo e andare avanti”. La logica inviterebbe “alla prudenza e magari, anziché ripensare ogni giorno a come reinventare le nostre attività, sarebbe più razionale prendersi una pausa e dare appuntamento a tutti al 2021”, ma la scelta è quella di andare avanti a testa bassa. La chiusura anticipata alle 18, “ci obbligherà a delle modifiche sostanziali nella logistica e nell’accoglienza”. Già da tempo il distanziamento sociale ha di fatto “dimezzato la nostra ricettività e dunque anche i nostri incassi”, tuttavia “abbiamo deciso di provarci e, garantendo alla nostra clientela i massimi standard di sicurezza, continueremo a lavorare con l’energia e la passione che ci hanno sempre contraddistinto”.